In una sera strana di gennaio, un vento caldo è arrivato e se l'è portato via.
Lui, che ogni giorno veniva a giocare con me quando ero piccola, orgoglioso come se mi avesse creata lui.
Lui che ci scarrozzava da bambini su una jeep rudimentale su e giù per i campi, a scavezzacollo. Forse andavamo a 30 all'ora, ma a quell'età sembra fortissimo.
Lui, che ha creato il suo piiiiccolo impero in cui ancora noi tutti mangiamo.
Lui, che ha saputo osare negli anni del boom economico.
Lui, che non era una persona facile con i figli, ma con i nipoti dava il meglio.
Lui, che ha litigato con lei tutti i giorni, ma ha pianto come un bambino quando le ha dato l'ultimo bacio. Sapevate che anche gli adulti piangono?
Lui, che a 80 anni si arrampicava sugli alberi per potare i rami, e quando lo rimproveravi ti guardava con nonchalance e ti diceva "Andava fatto, perché non dovrei?"
Lui, che non era certo un santo, ma era Giovanni.
Giovanni era mio nonno, e ora non c'è più.
In realtà la sua mente non c'era più da tempo, era già volata altrove, mentre il suo corpo restava aggrappato alla vita con la stessa tenacia con cui ha vissuto. Un giorno era lui, divertente, malinconico, arrabbiato dopo essere rimasto solo a ottant'anni, ma sempre lui. Il giorno dopo non c'era più, portato via da qualcosa che non si può curare senza danneggiare qualcos'altro, e allora che fai?
Lo condivido con voi non per voglia di esibizionismo, ma per necessità: ho il bisogno fisico di mettere in ordine le parole che mi vorticano nel cervello, che mi hanno tormentato questa notte e non mi hanno fatto dormire. Parole che so non riuscirò a coordinare in un discorso coerente, parole che se pronunciate non hanno lo stesso significato. Parole che se dette sembrano terribili, eppure sono vere.
Perché Giovanni, negli ultimi due anni di vita ci ha messo di fronte a una verità tremenda: noi non vogliamo invecchiare, per non finire totalmente rincoglioniti su una sedia a rotelle, imbottiti di farmaci per sopravvivere, senza vivere davvero. Non vogliamo sapere che nelle vite delle persone che abbiamo amato e ci amano, non c'è spazio per seguirci ventiquattr'ore su ventiquattro, anche se loro vorrebbero e sono stati schiacciati dal senso di colpa. Schiacciati fisicamente. Non vogliamo sapere che il giorno dopo che saremo finiti lì, qualcun altro avrà occupato la nostra casa e l'avrà resa irriconoscibile, tanto noi non torneremo mai più.
Questa è l'ultima dura lezione che ci ha lasciato e ci ha fatto paura. Io ho avuto paura.
Se fossi stata saggia, non avrei vissuto la mia vita come se lui non ci fosse già più, ma sarei andata a trovarlo più spesso. Ma con i se non si va da nessuna parte. E me lo dicevo già quando era ancora vivo, per costringermi ad andare alla casa di riposo. Ma faceva male anche allora: ogni volta che lo vedevo, mi sedevo vicino, mi giravo dall'altra parte e piangevo. Dove sei Giovanni? Mi chiedevo. Cosa ci fa qui il tuo corpo, mentre tu non ci sei? Sei tu una forma nuova di Giovanni, che io non riconosco?
Ti ricordi quel giorno di primavera, quando siamo usciti nel parco, e ho spinto la sedia a rotelle su per quella salita e quasi morivo per lo sforzo? E tu che mi prendevi in giro? Poi siamo arrivati in un angolo al sole, abbiamo raccolto un mazzo di viole di campo e mi hai stracciato alle carte. Cinque volte. Avresti dovuto farmi giocare meno con le bambole e più a briscola, non so manco contare i punti.
Sono le tue quelle mani. Ti ho fotografato con quell'aggeggio infernale che non capivi.
Ciao Giovanni, ti ricorderò nell viole di primavera, nel suono della fisarmonica che hai suonato per farmi ballare, nei muri della casa che hai costruito per la tua famiglia. Ti ricorderò nelle giornate di vento caldo, nell'odore del fieno e delle caldarroste che hai bruciato per me.
Adesso so che questi ultimi due anni sono stati il tempo che ci è stato dato per abituarci all'idea che dovevamo lasciarti partire. E' un bel regalo, non tutti sono così fortunati.
Ma fa un po' male lo stesso.
io vorrei abbracciarti per questo meraviglioso ricordo che hai lasciato di Giovanni :*
RispondiEliminacol muso bagnato ti dico che non sono tutti così fortunati, hai ragione, ma non è che faccia meno male.
RispondiEliminabuon viaggio, nonno Giovanni.
penso che non si potrebbero mettere in ordine meglio le parole per il tuo Giovanni, e per tutti i Giovanni che lasciano le nipoti un pezzetto alla volta, silentemente, lentamente.
RispondiEliminaNon ti conosco, ma ti abbraccio forte.
non fa mai meno male e si', la tua paura e' perfettamente capibile e non ha nulla di tremendo, ma tanto di umano e sensibile. Un abbraccio grosso
RispondiEliminaL'ho vissuto con i nonni, Xaver e Sybille, Arthur e Marie. L'ho vissuto con i genitori, Joachim e Anna Maria. Non siamo mai pronti.
RispondiEliminaIl mio adorato nonno Xaver mi ha lasciata quando avevo solo 11 anni. Solo tantissimi anni dopo ho capito quanto gli assomiglio e quanto ho preso da lui. Da quel momento è stato tutto più sopportabile perché in fondo lui non mi ha mai lasciata. Martina
BloggHer women's kaleidoscope
Mi dispiace :'(
RispondiEliminaquando sei piccola pensi che i nonni siano immortali. Non si capisce come ma loro riuscivano a fare tutto e sempre bene. Quando poi cresci e loro ci lasciano, ti si apre un mondo davanti e realizzi che il 90% delle cose che fai, le sai fare grazie a loro. I nonni sono una grande ricchezza. dovrebbero definirli "patrimonio dell'umanità" e dovrebbero essere immortali così come tu credevi da bambina.
RispondiEliminauna grosso abbraccio
Sì, c'è un incredibile fortuna ad avere due anni di tempo per dire addio, nonostante la malattia e i sensi di colpa. Quelli, in ogni caso, ci saranno sempre.
RispondiEliminaMi dispiace, ti abbraccio tanto.
L
Buon viaggio Giovanni,
RispondiEliminaquando un giorno che spero lontano, ti raggiungerà il mio papà invitalo a giocare a briscola con te. Ti avverto, è fottutamente fortunato al gioco. Lo è anche in amore, con la mia mamma e noi figli ad accudirlo in questi anni in cui della sua ironia e vitalità è rimasta solo un'ombra intermittente.
La malattia - che violenta separa - mi terrorizza, ma raccolgo tutto il mio coraggio. O almeno ci provo. Il mio papà posso ancora abbracciarlo e lo faccio più spesso che posso. A volte con l'energia dell'accettazione a volte con le lacrime agli occhi. Da tanti anni lo vedo prigioniero di un corpo e una mente che lo hanno tradito ma gli ripeto:
Siamo qui, viviamo quello che c'è, è un dono comunque.
E serve, per non dare nulla per scontato e gioire di quello che c'è - anche se è poco. E' la lezione più dolorosa che ho vissuto fin qui.
Grazie per le parole che hai condiviso, come un abbraccio ti ho scritto le mie.
ti sono vicina e soffro con te.
RispondiEliminaho una nonna con cui sono cresciuta e che mi ha cresciuta che non riconosco più.
non riesco nemmeno a starle vicino per il dolore che provo, perchè la sua condizione mi ricorda quanto sono distanti i tempi in cui dormivo con lei nel lettone, quando ce ne andavamo in panificio a fare la spesa, mano nella mano, e tutto mi sembrava felice e roseo.
così affogo tra i sensi di colpa perchè non le sto vicino e il malessere che mi arriva come un pugno nello stomaco quando trovo le forze ed il coraggio per stare con lei.
un abbraccio, sincero.
la tua discepola
E' un ricordo bellissimo e un abbraccio a te.
RispondiEliminaHo pianto davvero leggendo le tue parole e provando a immaginare nonno Giovanni. Vive in ogni parola della tua lettera Giovanni ed è il ritratto di mio nonno. Stesso carattere, stesso percorso. Se ne vanno sempre un pò all'improvviso, allo stesso modo in cui, già vissuti, sono entrati nella nostra vita. Sembra che non ci sia troppo tempo per godersi ogni singolo momento, semebra che il vederli soffrire faccia più male a noi che a loro. E fa male. Nonno Giovanni è l'anima delle tue frasi, è la coperta che ti scalda il cuore, è la persona che tutti vorremmo accanto a noi.
RispondiEliminaCiao nonno Giovanni. Spero di incontrarti un giorno. E un abbraccio a te, anima e cuore di Giovanni.
Mi dispiace moltissimo.
RispondiEliminaUn forte, forte abbraccio
Ho ripensato al mio di nonno, leggendo questo dolcissimo post. E ammetto di doverti ringraziare perchè mi hai fatto ripensare al mio di nonno.. ed era troppo che non lo ricordavo.
RispondiEliminaCiao dolce Giovanni. E ciao nonno Francesco: mi manchi talmente tanto nonostante i 7 anni trascorsi...
Michy
non ho conosciuto i miei nonni.
RispondiEliminail papà del mio papà è morto lasciando il figlio piccolissimo, mentre ad appena 5 anni ho perso il nonno materno...
è un rapporto che invidio a chi ha avuto la fortuna di averlo
Pochi mesi fa ho perso mia nonna e queste tue parole me l'hanno fatta ritornare in mente. Perdere un proprio caro é sempre terribilmente difficile. Ma ancora peggio é vederlo andare via poco per volta, giorno dopo giorno, con la vecchiaia che avanza sempre più e indebolisce il corpo. E tu devi stare a guardare impotente.
RispondiEliminaGrazie a TUTTI
RispondiEliminaIl tuo come il mio nonno Giovanni sono andati...e in modo simile hanno trascorso gli ultimi anni e le tue parole mi hanno toccata dentro perché le sento. Un abbraccio, M
RispondiEliminaMi sono commossa perché io ho davvero pochi ricordi della mia nonna materna e ogni volta ho l'impressione di perderne un po'. Sono quindici anni che non c'è più, ma mi manca ancora...
RispondiEliminaCiao. Capito per caso su di un post intenso.
RispondiEliminaNon ti conosco, ma ho amato il miei nonni immensamente e ogni giorno che affronto non passa mai senza che qualcosa, anche la più stupida, magari il gesto che faccio per mettermi la ciocca di capelli dietro le orecchie (come faceva mia nonna), me li ricorda.
Sono il patrimonio più grande che abbiamo e non preoccuparti, che Giovanni resta.
Grazie per avermi ricordato anche oggi che sono stata fortunata.
A presto.
un abbraccio, so cosa si prova...
RispondiEliminami dispiace molto, posso capire tutto quello che hai scritto, dalla morte di mia nonna tutto è cambiato, tutto è più fugace e spero ancora che se andassi al piano di sotto la vedrei in cucina come sempre...
RispondiEliminaMi spiace tanto...le tue parole sono molto vere e mi commuovono...tanto...
RispondiEliminanon ti conosco ma <3
RispondiEliminamolto toccante. un abbraccio
RispondiEliminaCiao, leggo questo post dopo 10 giorni da quando l'hai scritto e mi commuove tanto, anche se non ci conosciamo e non ho conosciuto tuo nonno. E' la prova che hai fatto benissimo a scrivere e son sicura che anche altre persone, che provano o hanno provato un dolore simile al tuo, si sentiranno un pò meno sole leggendo le tue parole.
RispondiEliminaAnche mio nonno si chiamava Giovanni... non riesco ad aggiungere altro. Quoto per intero il commento qui sopra, di Marinella.
RispondiEliminaEra un pò che non passavo dal blog.
RispondiEliminaTi capisco. Io avuto la grande fortuna di conoscere 3 dei miei nonni (mio nonno paterno è morto di tumore quando mio padre era ancora un bambino).
I miei nonni materni mi hanno praticamente cresciuta, quando i miei lavoravano tutto il giorno. Lui se n'è andato 4 anni fa, nel giro di pochi mesi, non ha sofferto e questa per me è la cosa più importante. Lei nonostante i suoi acciacchi è sempre in gamba e io spero stupidamente che duri così per sempre.
Mia nonna paterna ha 96 anni ed è stata una pioniera dei suoi tempi, partì dal suo paesino toscano con una sola piccola valigia in mano imbarcandosi su una nave per l'Africa, dove è rimasta per 40 anni. Da alcuni anni è ferma su una carrozzina, e ogni volta che vado da lei vorrei scoppiare a piangere e mettermi ad urlare. Non ci posso pensare e non ci voglio credere, che è la stessa persona del vestito a fiori rossi e del cappello di paglia con lo sfondo del tramonto africano della foto del salone. Lei che mi raccontava quanto aveva amato quei colori, quei profumi, quella vita.
Quando ero già grande, ho capito quanto le somigliavo.
Ed ho fatto la cosa che più l'avrebbe resa felice. Ci sono andata anche io.
Ti abbraccio