Il mio primo capo era fantastico. Fan-ta-sti-co. Ai fini
socio-demogratici del post, devo dire che era un single omosessuale. Anzi, è. Lui
usava il termine tecnico “frocio”. Era una specie di star che arrivava alle 11
in ufficio lanciando la borsa da mille euro e beccando il cestino in pieno, che
ti chiamava nel suo ufficio per una riunione urgente solo per dirti una cazzata
colossale. Con lui mi sono fatta le più grandi risate della mia vita. Una
volta, non vedendolo arrivare in ufficio, gli ho scritto un sms chiedendogli se
fosse stato rapito dagli alieni. Le nostre riunioni avevano come agenda le date
delle svendite della moda e come integrarle con il lavoro. Poi lui ci andava, e
io lavoravo, appunto. A suo discapito, devo dire che aveva delle idee geniali e
le vendeva davvero bene, sia al management, sia ai clienti. Quando mi ha detto
che se ne andava ho avuto una reazione da verginella (ricordo che era il mio
primo lavoro): ho pianto. Ma come? I capi se ne vanno? Non è possibile! E
quando ho saputo chi avrebbe preso il suo posto, ho avuto una reazione
isterica, per dire quanto stimassi questa nuova persona.
Il mio secondo capo era un amico del primo. Abbiamo lavorato
a un progetto insieme nel lavoro precedente, gli sono piaciuta e, quando si è
liberato un posto specifico, me l’ha proposto. Tengo a sottolinearlo per far
tacere le malelingue che si sono diffuse nella nuova azienda secondo cui io
fossi la fidanzata del capo precedente che si doveva liberare di me per evitare
imbarazzi aziendali. Anche in questo caso il capo è un uomo, omosessuale,
questa volta accoppiato, anche se inteso in senso largo. Mooolto largo.
Lui è stata la persona che mi ha insegnato di più nella mia vita, il mio
Mentore, il mio padrino professionale. Io lo venero e lo amo. È un genio dell’acidità,
della strategia sotterranea e della cattiveria. Ma è anche un ottimo
professionista e un ottimo maestro. In più, ha una vita privata, diciamo,
attiva, e quindi sta in ufficio dalle 9 alle 18 secche. Forse dovrei dire
stava, ora si è fatto trasferire in Sudamerica, forse lì lavora ancora meno. Devo
aggiungere che è anche mediamente bello, tanto che ho delle
ex-colleghe che mi chiedono come facessi a lavorare e a non fissarlo sempre. Semplice:
omosessuale, devo dirlo ancora? Tendevo a vedere la nostra relazione come quella tra Patty e Marcie dei Peanuts. Io lo chiamavo "Capo" e lui rispondeva "Non chiamarmi Capo". Quando anche lui mi ha detto che se ne andava,
memore della sceneggiata di qualche anno prima, sono rimasta impassibile
(dovete sapere che sono bravissima nel gioco del non ridere guardandosi negli
occhi, ho un controllo dei muscoli facciali impressionate). L’ho fatto per due
motivi: primo, se avessi fatto uscire anche la minima emozione, avrei allagato
la stanza, secondo, avevo gli occhi di tutti gli altri puntati addosso perché nel
frattempo si era sparsa la voce che io e lui andavamo a letto assieme. Ma come cazzo è possibile mi chiedo? Forse
non sono abbastanza intelligente per ricoprire il posto che ricoprivo? Ritornando
a quel giorno, sento ancora che mentre fuori l’intonaco reggeva, io dentro
crollavo come un muro a secco. Badabum! Mi stringo ancora la mano per come mi sono trattenuta. Ah, inutile dire che dopo l'annuncio ho fissato il computer senza produrre niente per l'intera giornata, ho fumato una sigaretta (io non fumo) e ho pianto per i due giorni consecutivi. Una reazione misurata, direi.
Il terzo capo è stata la persona che ha sostituito il numero
due. Diciamo che lo aspettava un compito non facile, io già ero smarronata per
via del fatto che volevo cambiare lavoro, in più rimpiazzava IL capo, quindi
aveva poche chance. Che si è premurato di cancellare in meno di una settimana. Si
è meritato subito il soprannome di Chip Monkie per la sua impressionante
somiglianza ad Alvin Superstar (il cartone animato). Poi il secondo giorno si è
presentato con una camicia con il collo liso. Stra-liso, direi. E il terzo
giorno pure. Il quarto arriva con l’urendo accessorio: il borsello. Io non sono
completamente contraria, ma il suo era di plastica e, di nuovo, liso. Consumato,
rotto. Al quinto, commenta il mio abbigliamento. Il suo soprannome passa
direttamente a Il Cretino, pronunciato come il direttore in Camera Cafè. Poi,
in sequenza: licenzia un collega, cerca di cambiarmi di mansioni, assume una
sua protetta. Da qui è tutto un rotolare verso valle a slavina. Giuro che ogni
volta che parlava io, da sola nella mia testa, correvo. Correvo, uscivo dalla
sala riunioni, dall’ufficio, e mi avviavo come Forrest Gump verso l’infinito. Avrei
potuto partecipare alla maratona di NY con l’allenamento mentale che ho fatto. Vi
racconto l’ultima perla: in viaggio con altri due colleghi, guida e parla per
150 chilometri con il passeggero alla sua destra. Sembrano migliori amici, io
sono stupita dalla sua capacità di legare, era la prima volta che si
incontravano. Arriviamo a casa del passeggero, lo facciamo scendere e io passo
davanti. Non ho ancora finito di chiudere la portiera che il capo dice: “Frocio
di merda”. Sì, lo ammetto, siamo stati conigli e non abbiamo reagito. Quando me
ne sono andata, io, stavolta, a parte la soddisfazione di dirglielo così, di
punto in bianco e brutto muso, l’ho completamente rimosso. Solo dopo circa sei
mesi mi sono ricordata che le nostre vite si erano incontrate. Certe volte
faccio fatica a ricordare il suo nome. Adoro la mia memoria selettiva.
Il quarto capo si è presentato subito per quello che era, cioè
un cretino di proporzioni colossali. Mastodontiche, direi. Ma io volevo
talmente andarmene dal lavoro sopra, e talmente entrare nella nuova fuperfigah
azienda, che ho bellamente ignorato il segnale. Cosa ha fatto? Durante il primo
colloquio mi ha chiesto di che segno ero. Ma vi sembra normale? Dietro il suo
ottimo gusto nel vestire, i modi super gentili, super educati e l’aria da
compagnone, che probabilmente lo rendono l’amico perfetto, è un deficiente
professionale. Nel senso che deficita delle capacità manageriali di gestire
delle risorse, di motivarle di insegnare loro qualcosa. Lui dovrebbe lavorare
da solo, possibilmente in una scatola chiusa in mezzo al mare. Comunque, se lo
incontrassi domani, ci andrei a mangiare insieme e anche con piacere,
come ho detto sopra è un’ottima persona. A differenza di quello sopra, che non
esiterei a investire in auto, facendo anche la retro per essere sicura di avere
liberato il mondo dalla sua presenza.
E l’ultimo, beh l’ultimo è troppo presto per giudicarlo, lo
conosco da qualche mese, ma visto che lui è basato in un altro paese ed è
costantemente in viaggio di lavoro, potrei dire che lo conosco da due
settimane. La prima impressione non è proprio positiva: fisicamente assomiglia
a Shrek giovane e biondo. Ha le mani grassocce con le dita iper cotechinose, non
saprei come definirle. Secondo me ha l’aria dello sfigato delle superiori (e
anche il fisico direi), quello che non veniva scelto per le partitelle di
calcio, quello che nessuno invitava a ballare, quello che girava in una
compagnia di soli maschi nerd. Ora si trova ad avere un successo professionale
inatteso (ma forse meritato), a gestire una mandria di donne, di cui io sono la
perla (la petite italienne, petite ma vedrai quanto scasso ‘u’ cazzu) a
comandare dei fornitori… e secondo me ha l’atteggiamento di quello che vorrebbe
passare il suo tempo a fare il gesto dell’ombrello a quelli che lo hanno
perculato per tutta l’adolescenza. Datti ‘na calmata amico, che visto in
metropolitana sembri lo stesso sfigato di allora, solo in giacca e cravatta. Mi
riservo però di darne un giudizio più approfondito tra qualche mese, diciamo
dopo la mia valutazione annuale (da cui dipende il bonus).
Non avevo ancora letto il tuo blog. Oggi l'ho fatto. E' bellissimo. Mi piace troppo!
RispondiEliminaTi ho linkata sul mio blog.
RispondiEliminaE se lo legge?
RispondiEliminaNon credi che sono stata ancora buona?
RispondiEliminadate le fantastiche descrizioni dei vecchi capi e l'anticipo del nuovo, non vedo l'ora di leggere il post dove ne parlerai con dettaglio! forse lui un pò meno, ma poco importa :D
RispondiEliminaM.
La domanda che mi son fatta è la stessa della zitella!
RispondiEliminaOddio ma come fate tu e la Zit a scrivere 'ste cose sapendo che chi vi conosce vi può leggere?! Sui capi, sugli ex...
RispondiEliminaBellissimo post: mi ha fatto riflettere sul fatto che se tu dopo qualche mese fatichi a inquadrare il tuo nuovo capo, io dopo quasi 12 mesi che lavoro in quest'azienda non ho nemmeno capito chi è effettivamente il mio capo.
RispondiEliminaPuahahahahahhahahahahahhahahahahahahhahah.
RispondiEliminaIl mio "capo" è questo qui: http://nonnecessariamente1.splinder.com/post/17676828/la-potenza-e-nulla-senza-il-controllo
RispondiEliminamica per dire eh ....
@__@!!